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Theobroma. Il cioccolato: cibo degli Dèi.

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Nulla guarisce l’anima come il cioccolato…

Non c’è così tanta metafisica sulla terra come in un cioccolatino.
(Fernando Pessoa)

Scrive Richard Paul Evans (Salt Lake City, 1962) che nulla guarisce l’anima come il cioccolato.  Una citazione che serba in sé un grande fondo di verità (del tutto non scontata), che cercheremo oggi di indagare in questo breve (ma intenso) approfondimento archetipico, dedicato principalmente a colleghi e appassionati.

Un paio di domande…

Proviamo a partire, da un paio di domande: quand’è che facciamo ricorso al cioccolato? E perché? Consapevoli, però, che ciascuno di noi (che siamo psicoterapeuti oppure no) potrebbe fornire risposte estremamente diverse, ma tutte egualmente valide. Chi fa il nostro mestiere sa, infatti, e magari per esperienza diretta con alcuni pazienti, che ricorrere al cioccolato spesso può essere un mezzo alternativo
per gestire delle emozioni o contenuti complessi, utilizzando il cibo quale surrogato esterno sul quale terminare le nostre proiezioni più interne.

Il linguaggio alternativo del cioccolato:

Come disse il naturalista Alexander Von Humboldt (1769-1859), infatti: il cioccolato è materia viva, ha il suo linguaggio interiore. Solo quando si sente oggetto di intima attenzione, e solo allora, esso cessa di ammaliar la gola e si mette a dialogare con i sensi. Come a dire che, come abbiamo affermato nell’articolo Disturbi alimentari: rapportarsi con il mondo, andando metaforicamente alla ricerca del significato simbolico del cibo di cui ci nutriamo, non solo saremo in grado di comprendere il senso psichico di questa letteralizzazione, ma avremo modo di comprendere quale parte di noi ha bisogno di un simile nutrimento. E con quale scopo lo richiede.

Proviamo, dunque, ad analizzare questo particolarissimo alimento.

Cioccolato: una bomba energetica a rapido decadimento…

Cibi fortemente carichi di zuccheri, come il cioccolato, sono cibi che nel corpo recano un effetto interessante. Essi, infatti, liberano le endorfine, neurotrasmettitori che se, da un alto, possono indurre stati di rilassatezza ed euforia, soprattutto se associati all’adrenalina, dall’altro hanno certamente un effetto analgesico. Fungono cioè, da riduttori del dolore.

Tali cibi, inoltre, hanno un valore energetico molto alto, a fronte però di un valore nutritivo piuttosto basso. Detto in altre parole: si tratta di “botte di energia” che però decadono tanto velocemente quanto velocemente diventano fruibili. Sono, quindi, cibi “effimeri” che, se non sfruttati nell’immediatezza, tendono a perdere il proprio effetto. Più o meno come accade quando sogniamo. Un sogno, infatti, nasconde sempre dentro di sé un alto potenziale energetico, ma se non ci poniamo attenzione e non impariamo a onorarlo per ciò che è (un messaggio da parte della nostra psiche), rischiamo di perderlo per sempre, dimenticandolo.

Cioccolato: la bevanda rubata degli Dèi…

Lasciamo, però, questo discorso agli esperti di nutrizione e proviamo ad approfondire la lettura del cioccolato facendo riferimento al suo substrato mitico e immaginale.

È possibile ricondurre questo particolare alimento a Quetzacoatl, il Grande Serpente Piumato del pantheon azteco. Una divinità che, un po’ come il Prometeo greco, si macchiò di un crimine inaccettabile. Egli, infatti, rubò agli Dèi il loro cibo, il cacao, per donarlo agli uomini. E si accattivò, così, la loro ira. Incaricato della punizione fu allora Tezcatlipoca, dio dell’Oscurità e suo astuto fratello, che offrì a Quetzalcoatl un
liquido a base di pulque, un fermentato del succo dell’agave, facendolo ubriacare al punto che gli uomini stessi gli voltarono le spalle. Dimenticando il regalo che il dio aveva loro fatto.

Cibo da Dèi, che gli uomini non sanno accogliere…

Una volta riavutosi dall’ubriacatura, Quetzalcóatl notò, con enorme dispiacere, che le piante di cacao, abbandonate da coloro cui le aveva donate, si erano rinsecchite. E, infastidito e turbato, decise allora di lasciare la Terra, scomparendo nel mistero al di là del mare. Fortunatamente, però, prima della sua partenza, alcuni semi di cacao gli caddero dalle tasche e rigenerarono delle nuove piante.

Una lettura archetipica:

Procediamo, allora, alla lettura archetipica di questo mito, partendo da uno dei suoi aspetti più interessanti: il cacao come bevanda o cibo degli Dèi. Come scrive Paolo Mantegazza (1831-1910): Il cacao merita sicuramente il nome pomposo di Theobroma (cibo degli dei), che ebbe dai botanici. E’ cibo e bevanda, è conforto al ventricolo e sferza il cervello: eccita l’intelligenza e nutre riccamente.

Ma chi nutre davvero e in che modo?

Archetipi e Dèi:

Facendo un rapido confronto con il sogno, poco fa abbiamo scritto che l’introito energetico del cioccolato è rapido e imponente, ma solo se saputo afferrare e sfruttare nell’immediato. Ciò significa che il nutrimento che esso fornisce è labile e “difficilmente afferrabile”. E, se partiamo dal presupposto che ogni simile ama, cura e nutre il proprio simile, allora non possiamo non pensare che questo cibo, proprio perché energeticamente così simile alla struttura inafferrabile all’anima, non costituisca un nutrimento per questa. E per le varie parti di cui è composto il suo pantheon interno. Non a caso, infatti, con Jung, ma soprattutto con Hillman, tendiamo a parlare di immagini interiori come divinità. Immaginando l’archetipo, in quanto creatore di un universo volto a tenere sotto il dominio del suo cosmo tutto ciò che facciamo, vediamo e diciamo, soprattutto come paragonabile a un Dio[1].

Archetipi e Dèi, secondo Hillman:

Quando li consideriamo come Dei, gli archetipi personificati diventano qualcosa di più che inclinazioni costituzionali e forme istintuali di comportamento, qualcosa di più che strutture ordinatrici della psiche, fondamento delle sue immagini e organi vitali delle sue funzioni. Ora li riconosciamo come vere e proprie persone. Ciascuno di essi si presenta come uno spirito guida (spiritus rector) con posizioni etiche, reazioni istintuali, modi di pensiero e di parola, richieste di partecipazione emotiva. Queste persone governano i miei complessi e, attraverso essi, la mia vita, la quale è la varietà dei miei rapporti con loro[2].

Cioccolato, Theobroma:

Quindi, nel momento in cui nella psiche si palesa un desiderio di cioccolato come di cibo degli Dèi, è possibile presupporre che il bisogno fondamentale che metaforicamente ci si sta ponendo sia, per l’appunto, proprio quello di fornire alla psiche stessa una sostanza a lei affine. Una sostanza effimera che, come il termine stesso indica, rappresenta necessariamente qualcosa di transitorio, di non persistente, quasi al di fuori del tempo, e la cui esperienza non può che risalire all’intuizione di un istante. Un’intuizione che, spaccando il normale scorrere della vita, l’attraversa, insinuandosi e penetrando in essa fino a raggiungere una nuova, inspiegabile, dimensione.

Cioccolato: alla ricerca dell’immaginale…

Cerchiamo dunque la sostanza immaginale. Come sottolinea Hillman, infatti: il nostro essere è un essere immaginale, un’esistenza nell’immaginazione[3]. E cerchiamo l’anima intesa più come la prospettiva psichica attraverso cui vediamo noi stessi e il mondo, che non come una sostanza che può essere definitivamente afferrata e compresa. Una prospettiva mutevole, dunque, legata alla profondità e che invita, inevitabilmente, giorno dopo giorno, istante dopo istante, a guardarvi attraverso. Quasi una finestra che, di volta in volta, dà su innumerevoli panorami. Giacché solo guardando e guardando spinti dal desiderio di intravedere, possiamo scorgere quella minuscola goccia di rugiada che si posa su ogni cosa intorno a noi e, inumidendola, penetrando in essa, la rende viva.

Appuntamento al prossimo articolo

Certo, ci sarebbe ancora molto altro da dire, su questo mito e su questa prospettiva. Così come ci sarebbe moltissimo altro da dire su eventuali letture alternative di approfondimento del cioccolato, sempre facendo riferimento al suo essere un cibo effimero. Riportandolo, ad esempio, anche all’archetipo del Puer che, nella psiche, non tende a costruire e a sedimentare nel tempo, esattamente come fa il cacao nell’alimentazione. Ma noi, oggi, abbiamo scelto di approfondire quella proposta anche per “gusti personali”. Adoriamo il cioccolato!

Ovviamente, molto altro ci sarebbe da dire anche a proposito del mito che abbiamo proposto. Perché, per esempio, Quetzalcoatl fu punito proprio dal Dio dell’Oscurità Tezcatlipoca? E che cosa significa, rapportato alla psiche e al proprio sfondo immaginale, il fatto che gli uomini, infine, delusi dall’ubriacatezza del Serpente Piumato, non si curarono più delle piante di cacao e le fecero rinsecchire? In questo caso, però, scegliamo di approfondire ulteriormente questi aspetti in un prossimo articolo.

[1] J., Hillman, 1975, Re-visione della psicologia, Adelphi, Milano, 2000, p. 20.

[2] Ibidem, p. 30.

[3] Ibidem.

 

Dott.ssa Michela Bianconi e Dott.ssa Angela Paris

 

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