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LA LUNA E L’ANIMA DELLE DONNE

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La Luna e l’anima delle Donne. Una premessa.

Ben lungi dal volerci immergere in discorsi già troppo sentiti in questi giorni, il nostro proposito oggi, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, è più quello di conoscere l’essenza del femminile, che non quello di affrontare il tema della violenza in sé. Giacché conoscere è il modo migliore di prevenire.

La luna e l’anima delle donne. Una breve provocazione.

Vogliamo iniziare con una provocazione: esistono le differenze di genere? Uomini e donne sono davvero diversi? Da un punto di vista biologico, il sesso di appartenenza è un concetto intuitivo: esso è, infatti, determinato dalle caratteristiche genetiche, ormonali e anatomiche che definiscono l’appartenenza al sesso maschile, femminile o a una condizione intersessuale. Tali differenze sono determinate dalla natura e sono in qualche modo oggettive.
Ben più complicato, invece, è definire il concetto di genere, così come spesso lo intendiamo, poiché per genere s’intende l’aderenza e la vicinanza di un individuo alla definizione che culturalmente viene data di maschio o femmina.
Esso cioè riguarda, da un lato, la componente psicologica e, dall’altro, la componente sociale.

Il concetto di genere:

Etimologicamente parlando, la parola genere deriva dal greco γένος (=stirpe, origine, per estensione: nascita), ed è la stessa radice da cui derivano anche genitore e ginocchio (sì, proprio il ginocchio che si trova nella nostra gamba dal quale, secondo alcune mitologie, la divinità creatrice ha costruito il mondo). Se lo leggiamo da questo punto di vista, decisamente più archetipico, il genere descrive allora lo stato di nascita di un individuo, la sua origine e creazione. E non può dunque essere una costruzione sociale o stereotipata.
Se dunque la parola genere, archetipicamente intesa, ricalca a sua volta la natura di un individuo, sembra doveroso, a questo punto, parlare di differenze tra maschile e femminile.  

Il concetto di differenza:

Sul dizionario Treccani ritroviamo le seguenti definizioni di differenza:

  1. L’esser differente; mancanza d’identità (intesa come identicità), di somiglianza o di corrispondenza fra persone o cose che sono diverse tra loro per natura o per qualità e caratteri. 
  2. Con accezione più partic., in filosofia, per d. s’intende l’alterità, ossia la non identità, tra cose appartenenti allo stesso genere e aventi in comune la qualità per cui differiscono (figura, forma, colore), sicché la differenza implica sempre una determinazione.
  3. Dissidio, contrasto, discordia, o lite, controversia.

Cerchiamo di entrare ancora di più in questo immaginario.
Il termine differenza porta con sé la possibilità di poter creare uno spazio tra sé e l’altro.

Dalla differenza, allo spazio, all’arricchimento…

Uno dei grandi miti della mitologia greca, un mito creazionista, ci ricorda che in principio la divinità maschile, Urano, e la divinità femminile, Gea, erano a tal punto uniti che era difficile definire dove finisse l’uno e dove iniziasse l’altra e viceversa. Data la mancanza di spazio tra di loro, la loro unione rimase quindi improduttiva. I figli generati venivano, infatti, immediatamente divorati dal padre e seppelliti nel corpo della madre. Ciò finché l’ultimo di questi figli, Crono (=il tempo) non si decise a separare la coppia, creando così la possibilità di esistere non solo ai suoi fratelli e sorelle, ma anche a tutto il resto del mondo.
Lo spazio (il vuoto) crea sempre la possibilità di una nuova apertura e di una nuova acquisizione.
Intendiamo allora le differenze come le possibilità di arricchimento.
Certo, per far sì che ciò accada, uno dei passi fondamentali è l’accoglienza.

L’accoglienza dell’Altro:

Accogliere l’altro, sia esso differente per genere, etnia di provenienza, cultura, modalità di pensiero, porta sempre a un arricchimento personale, purché lo si accetti per ciò che è e lo si valorizzi proprio in quanto differente. In tal modo si riconosce l’essenza dello spazio interpersonale e si pongono le basi per la creazione di qualcosa di nuovo. Lo dimostra bene il concetto di concepimento (una nuova vita nasce dall’interazione di due individui diversi). Ma anche due danzatori producono qualcosa di nuovo dallo spazio specifico tra di loro (producono un ballo). Così come due modalità di pensiero diverso possono mettere insieme un progetto comune, semplicemente accettandosi reciprocamente.

Valorizzare le differenze le prevenire la violenza di genere:

Dirò di più: è proprio grazie alle differenze che chiunque può essere visto e percepito in quanto individuo a se stante. E apportare valore non solo a se stesso, ma a una possibile relazione paritaria.
Ciascuno di noi è differente a proprio modo, e ciò perché è unico e originale in quanto se stesso.
E proprio perché ciascuno di noi è unico, è da valorizzare.
Per prevenire le violenze di genere è quindi fondamentale, a nostro avviso, conoscere e valorizzare le differenze, ciò che ci rende veramente unici e…speciali. Lo faremo in un modo abbastanza alternativo e innovativo, seguendo i percetti della psicologia archetipica e sfruttando le conoscenze della mitologia per spiegare i vari aspetti presenti nella psiche di una donna.

La luna e l’anima delle donne. Il valore degli archetipi.

Come scrive Jean S. Bolen: ogni donna è il personaggio principale nell’intreccio rappresentato dalla propria vita. In ogni storia, in ogni racconto che una donna può fare di sé, è possibile riscontrare una determinata dimensione mitica, cioè una forza interna che ne condiziona le azioni e le sensazioni.
Questi potenti modelli interni, detti anche archetipi, sono responsabili delle principali differenze che distinguono le donne tra di loro. Ciò che realizza una donna può infatti non realizzarne un’altra, a seconda dell’archetipo (o dea) che agisce in lei. Inoltre, in una stessa donna sono presenti più dee, e più la personalità è complessa, maggiore è la probabilità che le dee attive siano più di una e che ciò che soddisfa una parte di lei possa apparire insignificante a un’altra parte.

La Luna e l’anima delle donne. Le divinità come rappresentazioni di immagini interne della psiche individuale:

La complessità delle divinità femminili fornisce alla donna (e non solo) una chiave per la comprensione di sé e dei rapporti che stabilisce con gli uomini e con le altre donne. È utile per capire ciò che funziona da motivazione o ciò che è frustrante o gratificante. Se una donna viene a sapere che c’è una dimensione mitica in ciò che sta facendo, quella conoscenza sollecita e ispira centri profondamente creativi. I miti, infatti, sono potenti strumenti di comprensione profonda, che evocano sentimento e immaginazione e toccano temi che fanno parte del retaggio collettivo. Essi sono un modo per apprendere ciò che fa vibrare una certa corda, dove la teoria psicologica femminile diventa conoscenza di sé.
Le divinità sono quindi rappresentazioni d’immagini interne alla psiche individuale.

Politeismo psichico:

L’obiettivo di questo articolo è di presentarne alcune. Diciamo alcune perché gli aspetti di una psiche sono talmente tanti che non basterebbe lo spazio a nostra disposizione neanche per elencarli. Per comodità e per esigenza pratica, disporremo queste divinità lungo una linea evoluzionistica, che segue le fasi lunari (luna crescente, luna piena e luna calante), ma dobbiamo tener presente che tale disposizione ha fini puramente strategici e che queste divinità possono anche presentarsi in momenti diversi della vita o contemporaneamente.
Inoltre, in quanto nomi di archetipi, naturalmente, queste dee sono utili soltanto quando le immagini corrispondono ai sentimenti della donna, dal momento che gli archetipi non hanno un nome effettivo.

La Luna e l’anima delle donne:

Le dee che presenteremo sono:

-Artemide, Atena e Kore per la Luna Crescente;
-Persefone, Demetra, Era e Afrodite per la Luna Piena;
-Estia per la Luna Calante.

Queste divinità agiscono sulla base di ciò che interessa loro e che ciascuna di loro possiede aspetti positivi tanto quanto aspetti negativi. Esse possono rivendicare il dominio sulla donna che, pur senza sapere a quale dea sia sottomessa, può nondimeno tributare la sua devozione e un particolare archetipo per la durata di una fase della vita o per sempre. 
Teniamo presente che, affinché la donna possa amare profondamente, lavorare in maniera significativa ed essere sensuale e creativa, occorre che nella sua vita trovino in qualche modo espressione le dee di tutte e tre queste categorie, dee che sono comunque già potenzialmente presenti in lei. Occorre solo attivarle o svilupparle.

La Luna e l’anima delle donne: determinare quali dee sono attive.

Determinare quali dee siano attualmente attive in una donna, in un dato momento, dipende dall’effetto congiunto di una varietà di elementi che interagiscono tra di loro: la predisposizione della donna, la famiglia, la cultura, gli ormoni, gli altri, le circostanze fortuite, le attività scelte e le fasi della vita.

Prima di cominciare a guardare queste divinità, facciamo una piccola digressione sulla Luna.

Il potere della Luna nella nostra società:

Per l’uomo antico, la luna era la rappresentazione del femminile e, ancora oggi, essa è simbolo dell’essenza genuina della donna. Lo stesso principio femminile è presente sia nell’uomo che nella donna differenziando solo nell’espressione: nella donna tale principio si esprime a livello cosciente, nell’uomo non è conscio e si riflette nei rapporti con il femminile. Tale psiche femminile presente nell’uomo è identificata, da Jung, con l’archetipo dell’Anima. La natura della sua Anima e la relazione con essa determinano la qualità dei rapporti con i suoi aspetti interni come: la recettività dell’irrazionale, l’accoglienza, il sentimento, l’amore per l’arte, la poesia, la natura e, di conseguenza, la relazione con le donne.

L’anima junghiana:

L’Anima nei sogni si manifesta con immagini di donne che possono variare dalla seduttrice alla guida spirituale. Il richiamo dell’anima è forte, invitante, caldo, uterino, al contempo insidioso. Arduo è il risveglio dalla culla materna. Generalmente le manifestazioni dell’Anima nei singoli soggetti, sono determinate dal rapporto che hanno con la propria madre. Oggi diviene di fondamentale importanza conoscere la natura del femminile in tutte le sue declinazioni sottolineando la sua presenza anche nella coscienza maschile poiché, tale principio, nella nostra cultura occidentale è stato messo da parte.

Il femminile:

Come ben spiega Esther Harding: la cura e l’assistenza delle fonti (femminili) datrici di vita, che stanno nascoste nelle profondità della natura, sono state trascurate. Queste fonti dell’energia spirituale o psicologica possono essere raggiunte soltanto, se si deve credere ai miti e alle antiche religioni, attraverso un giusto approccio all’essenza femminile della natura [1].

 

LE DEE DELLA LUNA CRESCENTE:
ARTEMIDE, ATENA E KORE

 

ARTEMIDE:

Artemide, nota ai romani come Diana, era la dea della caccia e della luna. Slanciata e incantevole figlia di Zeus e di Leto, vagabondava nel folto della foresta per le montagne, prati e radure, con il suo stuolo di ninfe e cani da caccia. Vestita di una corta tunica, armata di un arco d’argento, una faretra colma di frecce sulla spalla, tirava con l’arco con mira infallibile.
Come dea della luna viene spesso rappresentata sia come portatrice di luce, colei che permette di vedere nel buio e nell’inospitalità della notte, sia come dea del parto (nel mito si racconta infatti che, subito dopo la propria nascita, Artemide aiutò la madre, Leto, a dare alla luce il gemello: Apollo), come iniziatrice a qualcosa di sconosciuto (la vita).
Come dea della vita selvaggia, infine, Artemide veniva spesso associata a molti animali selvatici, simboli della sua natura sfuggente, della sua regalità, della sua abilità di cacciatrice e della sua ferocia. Artemide è la vera immagine della vergine/partenos, colei che non appartiene e a nessuno, se non a se stessa. L’aspetto della vergine rappresenta quella parte della donna che un uomo può non riuscire a non possedere né a “penetrare” mai, che non viene toccata dal bisogno di un uomo o della sua approvazione, che esiste di per sé, interamente separata da lui.
Parliamo dunque di donne sempre fedeli a se stesse, caratterizzate da una coscienza concentrata, che sanno prefissarsi un obiettivo e raggiungerlo, ma spesso evitano ruoli femminili tradizionali. Non è raro, inoltre, che le donne Artemidi abbiano a che fare con movimenti femministi, siano molto concentrate nel lavoro, che ha per loro un valore soggettivo, e non pensino al matrimonio.
Psicologicamente, possono apparire inaccessibili e spietate (si veda il mito di Atteone), con una rabbia potenzialmente distruttiva (il cinghiale di Calidonia).

ATENA:

Dea della sapienza, della strategia in guerra e dei mestieri (in particolare quelli domestici), Atena, detta Minerva dai romani, è un’altra dea votata alla castità e al celibato. Legata in particolar modo al concetto della misura, essa è sempre rappresentata armata di corazza, scudo ed elmo, quasi a voler rimarcare un’essenza che sta tutta nella testa. Ogni sua capacità sottende, infatti, non solo pianificazione ed esecuzione, ma richiede un vero e proprio pensiero intenzionale. Atena è una stratega, pratica e concreta, che tiene in gran conto il pensiero razionale e incarna il dominio della volontà e dell’intelletto su istinto e natura. Tutto ciò che è selvaggio deve essere bonificato e conquistato. Cosa aspettarsi, del resto, da una dea priva di madre e nata dalla testa del padre?
Atena è un archetipo femminile che dimostra come il saper pensare e il saper mantenere il sangue freddo, anche all’interno di situazioni particolarmente emotive, non sia solo una caratteristica maschile. Elaborando le sue strategie, essa predispone inoltre a seguire le proprie priorità e predispone la donna a focalizzare le proprie energie sul raggiungimento di obiettivi propri, più che sui bisogni altrui.
Diversamente da Artemide, che predilige una netta separazione del maschile, Atena ama coinvolgersi nell’azione e nel potere degli uomini, con i quali riesce a costruire rapporti di colleganza, complicità o confidenza, senza esser turbata da eventuali sentimenti erotici o intimità emotive.  

KORE:

Kore è la “fanciulla senza nome” e rappresenta la giovane che ignora chi sia ed è ancora inconsapevole dei propri desideri o delle proprie forze. La maggior parte delle donne giovani, prima di sposarsi o di decidere della propria carriera, passa per la fase Kore. Altre rimangono fanciulle per tutta la vita: non si impegnano né in rapporto, né in un lavoro, né in una meta culturale, anche se, di fatto, vivono un rapporto, hanno un lavoro, frequentano l’università…Qualsiasi cosa stiano facendo, non sembra lo facciano “per davvero”. Il loro atteggiamento è quello di un’eterna adolescente, indecisa su ciò che vuole essere “da grande”, in attesa di qualcosa o di qualcuno che trasformi la sua vita.
Nelle stagioni della vita di una donna, Kore rappresenta la primavera. Essa si prefigura come una sorta di Biancaneve o di Bella Addormentata, addormentata, appunto, inconsapevole della propria sessualità e in attesa di un principe che giunga a svegliarla.
Il principe che giunge a svegliare Kore è, tuttavia, il dio dell’Averno, Ade, signore degli Inferi che, infatuato di lei, la rapisce, portandola al proprio regno, e la rende sua moglie. Tutt’altro, insomma, rispetto a quanto ci hanno abituato le favole! Eppure sarà proprio grazie a questa “irruenza” maschile, che Kore, transitato un periodo di depressione e confusione, riuscirà finalmente a crescere e a maturare, sia come femminile che come dea. Essa diverrà infatti Persefone, archetipo della Regina e guida del mondo infero (una dea della Luna Piena).

 

LE DEE DELLA LUNA PIENA:
DEMETRA, PERSEFONE, ERA E AFRODITE

 

DEMETRA:

Se c’è un archetipo al quale Kore è indissolubilmente legata questo, oltre ad Ade, è senza ombra di dubbio quello di Demetra, il cui stesso nome incarna l’essenza del materno. Alla base di questo archetipo troviamo infatti l’istinto a realizzarsi in una gravidanza o in un nutrimento fisico, psicologico o spirituale. E l’istinto a prendersi cura degli altri, anche a costo di rinunciare a se stessi.
Questa focalizzazione fondamentale sul figlio o sull’esterno, rischia di creare tuttavia un doppio aspetto di Demetra. Da un lato, infatti, troviamo la madre solerte, incentivante, accogliente e nutriente, che non vede l’ora di occuparsi di qualcosa o qualcuno che possa nutrire. Dall’altro, una potente necessità di preservare tale status quo potrebbe, invece, predisporre l’evoluzione questa divinità verso una sorta di prigione dorata, in cui l’altro (chi viene accudito) si trova talmente bene da non voler più uscire. Si tratta di una doppia faccia, che va dalla madre generosa alla madre distruttiva, e che ricalca sempre e comunque l’istinto di accudimento. È ciò che in effetti accade, nel mito, proprio a Kore, che non ha l’opportunità di conoscersi realmente e sviluppare verso un femminile più maturo, finché Ade non interviene a “tagliare il cordone ombelicale” che la tiene unita a Demetra.

PERSEFONE:

La dea Persefone si presenta in due aspetti: la brava bambina di mamma, Kore, e la Regina degli Inferi. In quanto fanciulla essa è attenta, protetta, passiva. Tende più a essere agita dall’esterno che ad agire per propria volontà. Ma in quanto Regina, essa sviluppa una capacità del tutto invidiabile di sapersi muovere tra il mondo egoico, oggettivo e diurno della madre e il mondo infero, psichico e inconscio del marito, spesso riuscendo a creare un’importante finestra di dialogo e integrazione. Un aspetto questo che, unito al fatto che questa dea rappresenti anche una sorta di personificazione della primavera, la rende ricettiva e aperta a qualsiasi tipo di cambiamento e la predispone sempre verso una nuova crescita personale.

ERA:

Etimologicamente “Grande Signora”, Era è la dea del matrimonio e dell’istinto a realizzarsi all’interno di una relazione amorosa che venga ufficialmente riconosciuta e proclamata. Per questo archetipo, infatti, il rito è sacro per almeno tre motivi.
1) Perché è la realizzazione di un suo bisogno profondo.
2) Perché consente il riconoscimento ufficiale di uno status di “marito e moglie”.
3) Perché risponde al suo desiderio di completezza, attraverso l’apposizione di una sorta di sigillo di sacralità, che rende l’unione un’unione anche mistica e spirituale.
In quanto rappresentante della capacità di legarsi, essere leali e fedeli, “nella buona e nella cattiva sorte”, essa non solo sa essere la forza motivante e collante del matrimonio, ma sa anche sopportare e supportare le eventuali difficoltà che al suo interno potrebbero insorgere. Comprese quelle connesse a eventuali tradimenti (ricordiamo qui che Era era la moglie di Zeus il cui istinto a espandere il proprio dominio lo portava a “disseminare” figli in ogni dove). E a eventuali violenze. Eh, sì, perché Era, purtroppo, essendo così profondamente desiderosa di realizzarsi attraverso l’instaurarsi di un rapporto con l’altro, spesso rischia anche di non saper rinunciare a esso nemmeno quando restarvi all’interno potrebbe risultare umiliante, se non addirittura pericoloso. Oppure quando la posta in gioco è quella di perdere se stessa.

AFRODITE:

Afrodite, dea della bellezza e dell’amore, è definita anche come dea alchemica in virtù del suo immenso potere trasformativo. Nella mitologia greca essa era infatti una presenza che incuteva reverenza, perché provocava innamoramento e concepimento di nuove forme di vita.
Questa dea possiede caratteristiche in comune con tutte le altre: come Artemide e come Atena, insegue i suoi bisogni e i suoi obiettivi principali, e come Era, Demetra e Persefone si lega a divinità maschili e ha figli.
Qualsiasi cosa o persona Afrodite sfiori, si ricolma di bellezza, diventa irresistibile e affascinante, generando un forte desiderio di conoscere ed essere conosciuti che potrebbe esprimersi anche sotto forma di desiderio o pulsione sessuale, istinto all’intimità fisica e al concepimento del nuovo. In questa accezione, Afrodite predispone alla creatività e al cambiamento, giacché il concepimento del nuovo non deve necessariamente essere un aspetto letteralistico o letteralizzante, ma può risolversi anche i termini immaginali: come concepimento di nuovi aspetti psichici.
Possiamo, infine, distinguere due tipi differenti di Afrodite (ovviamente sempre tenendo presente che ogni differenziazione è qui effettuata a mero scopo esplicativo): quella cosiddetta Pandemia, l’Afrodite legata agli aspetti maggiormente sessuali, alla cura di sé e al raggiungimento del piacere, e quella Uranica, un’Afrodite legata a un concetto di Bellezza a tutto tondo, che riveste l’arte, la cultura, la creatività come espressione di sé.

ESTIA, DEA DELLA LUNA CALANTE:

Inseriamo Estia come dea della Luna calante poiché molto spesso questo archetipo è associato alla vecchia saggia o alla zia zitella. Di certo, è la meno conosciuta delle divinità greche, eppure nell’antichità essa veniva spesso ricordata e omaggiata anche negli Inni diretti ad altre divinità. E ciò perché Estia è nata come prima dei figli di Crono e Rea, subito divorata dal padre, fungendo quasi da “apripista” per tutti gli altri. Questa caratteristica ha fatto sì che Estia non solo abbia vissuto molto tempo da sola (sviluppando, di conseguenza, una grande capacità di reggere “lo stare” anche nell’immobilità), ma l’ha resa anche l’accogliente regina del focolare domestico (esattamente come la nonna o la vecchia zia zitella che la domenica raduna tutti i nipoti a pranzo).
Estia è la presenza spirituale avvertibile come il fuoco sacro che fornisce l’illuminazione, il calore e il tepore necessari a cuocere il cibo. Non solo: essa è fautrice di una modalità di focalizzazione (messa a fuoco) che, rispetto ad altre divinità (tutte volte verso obiettivi personali o verso l’esterno), sembra invertita verso l’interno, fornendo una maggiore chiarezza. La percezione di Estia, infatti, avviene attraverso lo sguardo interiore e l’intuizione. C’è una concentrazione sull’esperienza soggettiva interna che aumenta la concentrazione e apporta un senso di pace profonda in relazione a ciò che si fa. Per intenderci: grazie a questo archetipo molte persone non hanno avuto difficoltà ad affrontare il lockdown imposto tra marzo e maggio 2020 per il coronavirus, sfruttando l’obbligatorietà di stare a casa per rivolgersi verso una maggiore concentrazione verso di sé e la strutturazione di attività alternative.

La Luna e l’anima delle donne. Verso le conclusioni:

Ci teniamo a ribadire, a questo punto, che, per quanto sia possibile che una di queste divinità/aspetti psichici, possa essere più energizzato rispetto ad altri, una buona salute psichica starebbe nel riuscire a trovare un’armonia tra tutte le dee, riuscendo a farle convivere e a omaggiarle in egual misura. Inoltre, è sempre bene tenere presente che tutte le divinità elencate non sono prerogativa esclusiva delle donne, ma appartengono anche agli uomini. Così come le divinità maschili non sono prerogativa esclusiva degli uomini. Ciò fa sì che quella conoscenza di cui abbiamo parlato prima (conoscere per prevenire) non indica soltanto che le donne devono imparare a essere consapevoli di se stesse e di quali energie si muovono dentro di loro. Ma richiede che anche gli uomini lo facciano. Conoscere il proprio femminile, così come il proprio maschile.   

Dioniso e l’integrazione del femminile:

Per integrare tutti gli aspetti del femminile è necessario liberarsi da tutte le idee preconcette su ciò che sia una donna e, come sostiene Hillman, fino a quando Apollo, dio della chiarezza e dell’equilibrio, non verrà affiancato a Dioniso, dio delle donne, ma anche della virilità maschile, vi sarà sempre una distanza tra il mondo maschile e femminile dentro e fuori la nostra psiche. Nella nostra coscienza, un’integrazione di Anim1a, richiede la presenza di Dioniso, l’androgino, colui che vive l’ambivalenza. Lui è l’indiviso, colui i quali confini si congiungono, tanto da non identificarsi né con il maschile né con il femminile, per tal motivo egli va nutrito. Il primo passo per invocare Dioniso è riconoscere la presenza di una pluralità di immagini psichiche presenti in ognuno di noi, allontanandosi dall’esclusivo culto Apollineo della luminosità e della razionalità.

ISIDE:

Per concludere, vogliamo lasciarvi con una riflessione sulla complessità del femminile, racchiusa nel seguente inno dedicato alla dea egizia Iside.

“Perché io sono la prima e l’ultima
Io sono la venerata e la disprezzata,
Io sono la prostituta e la santa, 
Io sono la sposa e la vergine, 
Io sono la madre e la figlia, 
Io sono le braccia di mia madre, 
Io sono la sterile, eppure sono numerosi i miei figli,
Io sono la donna sposata e la nubile, 
Io sono Colei che dà alla luce e Colei che non ha mai partorito, 
Io sono la consolazione dei dolori del parto. 
Io sono la sposa e lo sposo,
E fu il mio uomo che nutrì la mia fertilità, 
Io sono la Madre di mio padre, 
Io sono la sorella di mio marito, 
Ed egli è il mio figliolo respinto. 
Rispettatemi sempre, 
Poiché io sono la Scandalosa e la Magnifica
“.

Note:

[1] Harding Esther (1971), I misteri della donna, Astrolabio, 1973, Roma.

Dott.ssa Michela Bianconi e Dott.ssa Valentina Marra

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