#maythefourthbewithyou:
La chiave moralistica non apre nessuna porta nell’edificio della psicologia.
(Carotenuto, 1988)
Il quattro maggio (may the fourth) è una data cara a tutti gli appassionati di Star Wars, poiché assonante con una delle sue citazioni più iconiche. May the Force be with you. Che la Forza sia con te. Perché, però, parlare di film e di cinema in questo contesto? Che cosa c’azzecca Guerre Stellari con la Psicologia Archetipica?
La risposta è semplice, anche se non scontata.
La Psicologia Archetipica:
Possiamo considerare, infatti, la Psicologia Archetipica, ideata da James Hillman negli anni ’70 (sì: lo stesso periodo del primo Star Wars) come un movimento culturale che si è proposto, fin dall’inizio di
travalicare l’ambito degli studi psicoterapeutici e delle indagini cliniche per collocarsi nella cultura dell’immaginazione occidentale. È una psicologia che volutamente si collega con le arti, la cultura e la storia della società, le quali traggono anch’esse origine dall’immaginazione. Il termine ‛archetipico’ contrapposto al termine ‛analitico’, che è la qualifica abituale della psicologia junghiana – è stato scelto non soltanto perché rifletteva ‟gli approfondimenti teorici dell’ultimo Jung, che tenta di risolvere i problemi psicologici andando oltre i modelli scientifici”, ma, e soprattutto, perché ciò che è ‛archetipico’ appartiene a tutta la cultura, a tutte le forme dell’attività umana, e non esclusivamente ai professionisti della moderna terapeutica[1].
Una Psicologia “culturale”:
Il che significa che qualunque prodotto creativo ideato dall’essere umano può essere letto come l’esito di una psiche che osserva e racconta se stessa. Che, poi, questo sia un sogno, una fantasia, un film o un’opera d’arte, un sintomo o un comportamento, poco importa. Ciò che conta è il suo scopo: mostrarci chi siamo nelle profondità di noi stessi. E, siccome, in profondità, tutti noi possediamo le stesse strutture (il cosiddetto inconscio collettivo) qualsiasi prodotto sia mai stato creato da un essere umano parla della sua (e della nostra) umanità.
Creare uno spazio per essere:
Lo spiega bene Arthur Rimbaud, nella lettera del 13 maggio del 1871 a George Izambard, quando, scrivendo dell’attività poetica (qui da intendere nel senso etimologico del termine – da poiesis, poioun: fare, creare), afferma che:
il primo studio dell’uomo che voglia esser poeta è la propria conoscenza, intera; egli cerca la sua anima, l’indaga, la scruta, l’apprende. Appena la conosce, la deve coltivare…Dunque il poeta è davvero un ladro di fuoco. Egli ha in carico l’umanità…; deve far sentire, far palpare, far ascoltare le sue invenzioni; se ciò che riporta da laggiù ha forma, egli dà forma; se è informe, dà l’informe. Trovare una lingua…qualunque lingua sia…questa lingua sarà dell’anima per l’anima, riassumerà tutto, profumi, suoni, colori, pensiero che uncina il pensiero tirandolo.
Il principio del FARE ANIMA:
Del resto è questo il principio base della particolare branca della Psicologia del Profondo di cui ci occupiamo. Ciò che lo stesso Hillman (di nuovo, prendendo a prestito le parole di un poeta – John Keats) chiama il fare anima.
Fare anima, significa infatti proprio offrire una via e trovare un posto per l’anima nel campo che le è proprio, aiutando cioè la psiche a ritrovare la propria natura e a riavvicinarsi al suo essere sostanza sottile. Imparare a permettere alla psiche di guardare se stessa, nelle sue molteplici sfaccettature e senza giudicare, aiutandola a scrutare direttamente nelle essenze archetipiche che la compongono, attraverso una modalità immaginale, cioè attraverso un discorso metaforico.
Un discorso poetico[2].
Cosa, dunque, meglio dell’arte per comprendere chi siamo e come funzioniamo?
#maythefourthbewithyou. Il ricorso al cinema:
Da qui: il ricorso al cinema di questo articolo. E a uno dei concetti chiave della filosofia insita all’interno della fortunata saga di George Lucas. Spinte e, anzi, quasi predate dalla curiosità di andare a indagare la splendida sincronicità che ha portato alla nascita, nello stesso decennio, di due immaginari, in realtà, non così dissimili tra loro. Quello dell’anima hillmaniana (sinonimo di psiche individuale e collettiva). E quello di Forza.
Non esiste il caso, d’altra parte.
E allora…cominciamo da qualche definizione.
#maythefourthbewithyou. Che la Forza (e l’anima) sia con te:
Nell’universo di Lucas, la Forza può essere definita come un’energia vitale che tutto penetra e tutto regge. Come spiega il Maestro Yoda:
La vita essa crea e accresce, la sua energia ci circonda e ci lega; illuminati noi siamo,
non questa materia grezza! Tu devi sentire la Forza intorno a te, qui, tra te, me, l’albero, la pietra, dovunque!
La Forza illumina l’uomo, guida verso la saggezza, ed eleva oltre la mera materialità e datità del corpo e del mondo. Esattamente come fa l’anima secondo James Hillman.
#maythefourthbewithyou. Anima:
L’anima, che l’autore descrive più come una prospettiva che come una cosa in sé. Una visuale sulle cose, in grado determinare la differenza tra noi e ciò che ci accade.
È come se la coscienza poggiasse su un sostrato dotato di esistenza autonoma e di immaginazione, che continua ad esserci anche quando tutta la nostra soggettività, il nostro io, la nostra coscienza di eclissano…[3]
#maythefourthbewithyou. Forza:
Come l’anima, la Forza non ha natura biologica o materialistica, ma trascende la materia. Si tratta di pura energia metafisica. Un campo energetico creato da tutte le cose viventi, che, per dirla come Obi Wan Kenobi, ci circonda, ci penetra, mantiene unita tutta la galassia. La Forza è la presenza a se stessi. La vita nel momento stesso in cui accade. Essa è il cosmos: l’ordine naturale che si contrappone al caos, per sua natura distruttivo e perverso. L’ordine ordinante all’interno dell’ordine ordinato. Qualcosa, dunque, che risuona come armonia.
La natura è armonia. Natura è tutto quello che sappiamo senza avere
la capacità di dirlo, tanto impotente è la nostra sapienza
a confronto della sua semplicità.
(Emily Dickinson)
Le connessioni tra uomo e cosmo:
Del resto l’uomo è sempre stato in connessione con il cosmo. Lo spiega bene Marsilio Ficino, filosofo, astrologo e umanista fra più influenti del primo Rinascimento italiano, quando afferma che l’universo è un mondo unico. Un unus mundus che consiste nel cosmo come corpo, di un’anima cosmica. E lo spiega bene anche Galimberti, quando sostiene che la psiche si crea nel movimento tra interiorizzazione ed esteriorizzazione. Definendo proprio lo spazio tra la pulsione e l’azione come la casa di Psiche. Fino a giungere al concetto chiave che la psiche, mentre guarda se stessa e il mondo, plasma la realtà. La realtà psichica.
Scrive la Von Franz:
Il pensiero cinese presuppone che tutta la natura sia un’unità psicofisica o possegga un nesso unitario universale, che tuttavia sfugge a un’osservazione concentrata sui dettagli. In Occidente troviamo spunti di una simile visione nel Medioevo, soprattutto nella dottrina della simpatia di tutte le cose e nell’astrologia. Ciò si ritrova anche nella filosofia rinascimentale, dove si parla di una nesso universale simbolico e psicofisico insito nell’esistenza cosmica. Tale nesso poggia sul postulato dell’esistenza di un’anima cosmica o d’un principio di simpatia.[4] Venire alla luce equivale appartenere al cielo, al mondo, alla psiche. La rete nel cielo è grande; sebbene le sue maglie siano allentate, nulla può sfuggire a essa[5].
#maythefourthbewithyou. Uno sguardo alle stelle.
Fin dalle sue origini, l’uomo ha volto lo sguardo al cielo proiettando le energie psichiche sui corpi astrali. Le osservazioni degli astri e le interpretazioni divinatorie dei Sumeri, degli Assiri e dei Babilonesi hanno lasciato segni indelebili nelle tradizioni occidentali. La civiltà sumera si rivolgeva alle stelle per poter cogliere i segni della volontà divina. I Greci, che chiamavano Caldei gli astrologi, descrivono l’influenza astrale soltanto con gli elementi. Non solo le stelle agiscono sugli uomini, sottolinea Paracelso quattromila e seicento anni dopo, ma anche questi ultimi operano su di esse, in quanto fatti della stessa sostanza. Vi è sempre stata una connessione tra uomo e cielo e come ben spiega Arroyo: è l’energia il fattore fondamentale a essere analizzato e capito attraverso l’astrologia[6].
Le connessioni astrologiche sono nelle cose stesse: viviamo in un certo quadro che è fatto di linee, di colori, di primi piani, di tanti elementi che ci sfuggono poi nella determinazione del quadro ma che contribuiscono a determinare l’insieme.[7]
#maythefourthbewithyou. La seduzione della Forza:
Nell’universo di Lucas, come per ciascuno di noi, chiunque può percepire la Forza (anima), perché questa riguarda tutti. Ma sono soprattutto i Jedi a saperla utilizzare, giacché i loro corpi possiedono una maggiore quantità di midi-chlorian. Micro-organismi in grado di amplificarne la percezione. In particolare, parafrasando Yoda, la Forza dà ai Jedi la loro possanza e consente loro di compiere azioni straordinarie. Un aspetto, questo, di tale seduttività, da rischiare di condurli verso una peculiare “via della perdizione”. Quella che transita il famigerato Lato Oscuro e che, forse, al di là di tutto, ha fatto realmente la fortuna di questa saga cinematografica. Se non altro per i villain che ha generato.
Del resto, come affermava Jung:
Non c’è luce senza ombre e non c’è pienezza psichica senza imperfezioni.
La vita richiede per la sua realizzazione non la perfezione, ma la pienezza.
Senza l’imperfezione non c’è né progresso né crescita.
#maythefourthbewithyou. Il Lato Oscuro della Forza:
Il Lato Oscuro si potrebbe definire come l’abisso più profondo e cieco della tenebra, il baratro oltre i limiti, una potenza annichilente.
Rabbia, paura, violenza: sono loro il Lato Oscuro! Veloci ti raggiungono quando combatti!
Se anche una sola volta la strada buia tu prendi, per sempre essa dominerà il tuo destino!
Consumerà te, come ha consumato l’apprendista di Obi-Wan.
(Yoda)
Il Lato Oscuro è il fascino dell’idea che l’uomo possa farsi da sé. L’estrinsecazione della prometeica mania di onnipotenza dell’uomo che travalica i propri limiti morali. La via per acquistare molte capacità da alcuni ritenute ingiustamente non naturali, come lo descrive il Cancelliere Palpatine.
Tramite il Lato Oscuro, infatti, l’uomo abbatte i limiti della propria umanità. E si ritrova a operare scelte che contrastano sia con la sua stessa natura che con quella dell’universo intorno a lui. Il Lato Oscuro, insomma, sovverte il cosmos in caos. L’ordine in disordine.
Ma è davvero tutto così negativo come sembra?
#maythefourthbewithyou. La differenziazione tra bene e male:
In Star Wars la dicotomia è alla base degli schieramenti. E dell’intera trama. Ci sono i totalmente buoni: i Jedi, che percorrono fino all’estremo sacrificio di sé la via della Forza. E i totalmente cattivi: i Sith, che invece hanno varcato le porte di accesso al Lato Oscuro. E che, da esso, si sono fatti sedurre.
Si tratta di una separazione netta, ma puramente concettuale e a tratti quasi inconciliabile, che ricalca, tuttavia, la nostra intrinseca necessità di differenziare categoricamente il bene dal male. In fondo il Lato Oscuro della Forza, per sua stessa definizione, non può essere che un aspetto della Forza in sé e per sé. Ciò che cambia, a questo punto, non è tanto l’idea dell’immagine di base (la Forza buona o la Forza cattiva) quanto piuttosto la modalità con la quale ci si pone in relazione con essa. Come se non esistesse, in definitiva, un vero e proprio Lato malvagio, ma soltanto un modo differente di porsi in relazione con le energie che questo possiede.
#maythefourthbewithyou. Al di là del bene e del male:
Del resto ogni aspetto è conoscibile anche in contrapposizione con il suo esatto opposto. E, forse, non esisterebbe senza. Pensiamo alla natura. Il cacciatore e la preda. Il lupo e l’agnello. Il leone e la gazzella. L’aquila e il topolino. Siamo davvero sicuri di ciò che possiamo definire buono e ciò che possiamo definire cattivo?
Oppure facciamo riferimento, come nelle tipiche corde della Psicologia Archetipica, alla mitologia. Marte, per citare un dio piuttosto frequente nei dialoghi dentro gli studi di psicoterapia, è incline agli scatti d’ira. Gli esiti delle sue azioni inflazionate sono visibili sotto gli occhi di tutti ai giorni d’oggi, in riferimento alla guerra tra Russia e Ucraina. Eppure si tratta della stessa identica divinità che ci consente di mettere dei confini. La stessa identica divinità che ci consente di attivarci per raggiungere i nostri obiettivi. Che ci permette di farci valere. Cosa cambia? La sostanza è la stessa. Lo stesso tipo di energia (di Forza). È il punto di vista che assumiamo nei suoi confronti a portare all’attivazione di un immaginario differente.
Ma proviamo a parlarne con un esempio più “clinico”.
Il Lato Oscuro della Psiche: la patologizzazione.
Per ciascuno di noi, i nostri sintomi appaiono come aspetti asserviti al lato oscuro dell’anima in grado di costringerci ad affrontare il dolore e, talvolta, a sprofondare in esso. È ciò che, nei prequel di Star Wars, ad esempio, accade ad Anakin Skywalker, nel momento in cui inizia a fantasticare sull’imminente morte della moglie (e su come avrebbe potuto fare per evitare che accadesse). Finendo col cedere alla seduzione del versante “cattivo” della Forza, per diventare poi, col tempo, quello che tutti noi conosciamo come uno dei villain per eccellenza: Darth Vader.
Sintomi, dubbi, pensieri intrusivi, malesseri, depressioni, comportamenti e modi distorti di vedere e percepire la realtà. Sono tutti prodotti di quella patologizzazione che James Hillman (1975), nel suo tentativo di sganciare la psicopatologia da una visione prevalentemente medicalizzata, definisce come il volto di ogni aspetto psichico. Un’autonoma capacità della psiche di creare malattie[8] che si configura, dunque, come una sorta di messaggero in grado di richiamare la nostra attenzione su un particolare dato interiore (sulla nostra anima). E nei confronti della quale occorrerebbe, di conseguenza, imparare a muoversi cercando di trovarle un posto, trovare un modo per poterla accettare, in generale e nella sua interezza[9].
#maythefourthbewithyou. Passaggio al Lato Oscuro della Forza:
Vogliamo scoprire che cosa essa può dirci sull’anima e che cosa può dire l’anima attraverso di lei. E questo atteggiamento deve precedere ogni mossa intesa a trattarla, condannarla, giustificarla o comunque ad agire sia per lei che contro di lei. Dobbiamo cominciare con la psicopatologia così com’è[10]…perché negare od omettere la patologizzazione dallo studio dell’anima, rifiutando questa sua modalità di vita, questo suo linguaggio, questo mezzo di autoriflessione, significa negare all’anima quest’area della sua fenomenologia[11].
Non possiamo considerare, quindi, la patologizzazione e il sintomo come qualcosa di negativo. Né come il nemico da combattere. Giacché il viaggio verso l’origine della Forza che essa costella, è un viaggio che mira a scoprire i metodi e le leggi dell’immaginale e a distinguerli da quelli del razionale e del fisico[12]. Detto in altre parole: i sintomi sono dimostrazioni della psiche, un modo del suo essere e del suo esprimersi[13] che, più che essere eliminati (come il male), vanno conosciuti. E accolti. Cercando di chiederci non tanto quale sia la causa che li abbia fatti arrivare, quanto piuttosto verso che cosa tendano. Quale sia il loro scopo.
Il lato “Jedi” della psiche:
È così che il lavoro da svolgere diventa un lavoro di scavo e di visione in trasparenza. Puntando a trovare, al di là della forma sgradita che possono assumere, quali immaginari psichici (e quindi quali energie) si celino dietro di essi. Quali aspetti psichici hanno desiderio di mostrarsi e farsi conoscere.
L’idea di base potrebbe essere quella di provare a immaginare la psiche come una grande orchestra, priva di un direttore, sì, ma con miriadi di musicisti pronti a suonare. Ciascuno dotato di un suo strumento e un suo telos (=scopo): uno spartito. L’equilibrio che sperimentiamo in alcuni momenti della nostra vita, potrebbe essere segnale che i vari orchestrali partecipano adeguatamente alla stessa melodia. Ascoltandosi a vicenda e armonizzandosi tra di loro. Ordinatamente. Un’immagine molto “Jedi”, se ci pensiamo bene, che corrisponde, in qualche modo, a quell’idea di anima/Forza come cosmos.
Il lato “Sith” della psiche:
Se i musicisti continuano ad ascoltarsi e, come le particelle di un onda marina, si lasciano andare a quello che è il flusso della musica/psiche, accogliendo i vari cambiamenti e adattandosi a essi senza resistenze, l’orchestra potrà persistere nel suo concerto, senza alcun problema. Eventuali, piccole, stonature non avverrebbero neanche, oppure avverrebbero ma passerebbero inosservate. Ma se qualche orchestrale, di punto in bianco, perdesse il ritmo o cominciasse a suonare per conto proprio, allora ecco che l’ordine scomparirebbe e il senso di armonia verrebbe perso in favore del caos.
In psicoterapia, il lavoro da attuare, allora, è, sempre tendendo l’orecchio all’intera orchestra, quello di cercare di capire quale musicista abbia improvvisamente cambiato spartito. E provare a prestargli attenzione per comprendere dov’è che vuole portare il resto dei suoi colleghi. Se, magari, non è più in grado di stare al loro passo. O il suo non sia un modo, piuttosto brusco, di far comprendere a tutti gli altri che è tempo di cambiare brano, se non proprio genere musicale.
Il caos che giunge, affinché possa esserci un nuovo cosmos. Un nuovo ordine.
Luke, io sono tuo padre:
Hillman spiega bene questo concetto nel testo Un terribile amore per la guerra (2004), quando parla del male come principio generatore del risveglio, ovvero della possibilità di tornare dentro di noi per riaggiustare il tiro sulla nostra vita e sul modo in cui affrontiamo noi stessi e il mondo. Ciò significa che, se volessimo o potessimo immaginare la nostra esistenza come se fosse la saga di Star Wars, anche noi, di tanto in tanto, avremmo necessità di essere sedotti dal Lato Oscuro della Forza. O tutto procederebbe sempre, unilateralmente, nel medesimo modo. Rischiando un ristagnamento.
Come a dire che tutti abbiamo bisogno, quindi, di tanto in tanto, di un Anakin si faccia prendere dalle proprie patologizzazioni, diventando il musicista stonato che distrugge l’equilibrio e tramutandosi in Darth Vader. Il generale Sith incaricato di ritrovare i piani segreti per la Morte Nera. Ma anche il prescelto, destinato a uccidere l’Imperatore e a ristabilire un nuovo ordine nella Forza.
#maythefourthbewithyou. Apologia del Lato Oscuro:
L’ingresso nel Lato Oscuro di Anakin non è altro, a questo punto, se non quel male necessario affinché il cambiamento possa diventare possibile. Un aspetto così imprescindibile da portarci a chiederci, se non fosse tutto un piano della Forza in sé e per sé. Se questa non avesse, in qualche modo, cercato fin dall’inizio, di sedurre il Jedi per far sì che questo, transitando il Lato Oscuro, potesse divenire il reale motore del cambiamento cosmico.
Del resto pensiamoci: non è sempre l’arrivo del cattivo, nelle storie e nei racconti, a mettere in moto l’energia che, a lungo andare, porta a un nuovo equilibrio?
Pensiamo al Melkor nella Terra di Mezzo tolkeniana.
All’Ade nel mito di Kore/Persefone.
O, ricorrendo a un esempio ancora più altisonante, ma sicuramente più immediato, al Diavolo nella tradizione cattolica. Non è forse la loro stessa esistenza frutto di una necessità?
La seduttività necessaria del male:
Concentriamoci su quest’ultimo.
Scrive Carotenuto (1988):
Ricordiamo che il demonio è stato il grande seduttore: la nostra vicenda di uomini è legata al mito del diavolo che seduce e che ci fa deviare, ma è proprio attraverso questa prospettiva che noi abbiamo cominciato a creare la nostra storia. Da questo si può cominciare a intravedere come la seduzione sia uno stato psicologico che ci consente di capire aspetti della personalità che altrimenti ci sarebbero rimasti sconosciuti. Quando avviene questa esperienza? Nel momento in cui lo meritiamo. Io direi: beati coloro i quali riescono a essere sedotti, perché conosceranno molto meglio se stessi. Il rapporto con queste parti nascoste, queste parti oscure – Jung direbbe il rapporto con l’Ombra – emerge soprattutto nel momento in cui siamo sedotti. L’altra faccia della nostra personalità, quella che affiora nelle grandi crisi, durante l’analisi, nelle grandi esperienze, emerge prepotentemente nella seduzione. Si tratta di una specie di droga, di veleno che, se si impossessa di noi, ci lascia solo se arriviamo sino in fondo, se la percorriamo e riusciamo a metabolizzare l’esperienza[14].
Conclusioni:
È così che ci piace concludere l’articolo, pensando che ciò che, a una prima occhiata, potrebbe sembrarci il male, in realtà altro non è se non un’occasione. Uno strappo terribile che racchiude in sé un’opportunità di trasformazione e cambiamento. Tutto sta al modo in cui ci poniamo nei suoi confronti e al modo in cui cerchiamo di relazionarci a esso.
L’ombra rende ognuno di noi unico e speciale, perché la nostra vera bellezza è nella nostra integrità, quindi anche nel nostro lato oscuro. Nell’ombra risiedono, spesso abbandonate, gran parte delle nostre risorse e della nostra energia. Il nostro lato oscuro è la nostra più grande opportunità di crescita e di trasformazione, ma, soprattutto, è la possibilità di tornare consapevolmente a noi stessi, alla nostra interezza[15].
Dott.ssa Michela Bianconi e Dott.ssa Valentina Marra.
Bibliografia:
[1] J. Hillman (1980), Psicologia Archetipica, in Enciclopedia del Novecento. Articolo disponibile qui.
[2] M. Bianconi (2020): Il poeta è un ladro di fuoco, indipendently published.
[3] J. Hillman (1975): Re-visione della Psicologia, Milano, Adelphi edizioni s.p.a., 1983. Quarta edizione: novembre 2008, pagg. 14-16.
[4] Von Franz M.L., 1992, Psiche e materia, Bollati Boringhieri, Milano, 2018, p.35.
[5] Ibidem
[6] Arroyo S., L’interpretazione della carta natale,p.11
[7] L. Marinangeli L., 2007, Risonanze Celesti, Marsilio, Padova, p.64
[8] Ibidem, pag. 114.
[9] Ibidem, pag. 115.
[10] Idem.
[11] Ibidem, pag. 116.
[12] Ibidem, pag. 142.
[13] Ibidem, pag. 143.
[14] A. Carotenuto (1988): Eros e Pathos, Milano, Bompiani, pag. 50.
[15] G. Vercelli e G. D’Albertas (2016): Il potere nascosto dell’Ombra, Torino, Anteprima Edizioni, pag. 8.